Comunicato nr. 2/2021

FESTA DELLA PRESENTAZIONE: OMELIA DEL VESCOVO OSCAR IN OCCASIONE DEL SOLENNE PONTIFICALE DEL 2 FEBBRAIO – GIORNATA DEL MALATO (11/2) CON ROSARIO IN DIRETTA TV E STREAMING

Oggi pomeriggio alle 17.00 il Vescovo monsignor Oscar Cantoni presiede, in Cattedrale, a Como, il solenne pontificale nella ricorrenza della Festa della Presentazione. Si tratta di un momento tradizionale di preghiera per tutta la Vita Consacrata. A causa delle restrizioni per il contenimento del coronavirus, quello in Duomo è l’unico momento celebrativo per tutta la diocesi. Tutte le persone di vita consacrata si uniscono nella preghiera anche attraverso il collegamento in streaming. Qui di seguito il testo dell’omelia del Vescovo Cantoni.

Oggi è la festa dell’incontro. Gesù, l’atteso Messia, entra umilmente, in un giorno qualunque, nel tempio di Gerusalemme, senza far rumore. Egli viene incontro al suo popolo Israele, la nazione dalle radici sante. Seguendo le indicazioni della Legge, i genitori di Gesù lo conducono per compiervi ciò che è prescritto.

È accolto da due personaggi di secondo piano, umili e poveri, il santo vecchio Simeone, “uomo giusto e pio” e quindi la profetessa Anna, una donna modesta, “avanzata in età”, entrambe persone che “attendevano la consolazione di Israele”.

Ci sono appuntamenti che si realizzano mediante un comune accordo, predisposto da tempo, ce ne sono altri, invece, che si combinano quasi causalmente, quando gli eventi sembrano combaciarsi, senza nemmeno bisogno di essere programmati. Di solito questi sono i più veri, perché di fatto sono gestiti dalla Provvidenza.

È il caso dell’incontro di Gesù che entra nel Tempio di Gerusalemme, accompagnato da Giuseppe e Maria, al momento giusto, proprio quando Simeone e Anna sono presenti per il loro turno.

Anche la chiamata di ciascuno è giunta in un momento non programmato da noi, ma solo fissato da Dio, forse quando meno l’avremmo immaginata, ma è Lui stesso che ha preso l’iniziativa ed è stato un segnale che solo in seguito abbiamo riconosciuto come “occasione di salvezza”, portatrice di gioia e di pace, frutto della gratuita chiamata di Gesù.

Il Messia di Israele, venuto per visitare e redimere il suo popolo, atteso dai poveri, non ha niente di particolare che lo distingua.

È un semplice bambino, piccolo e indifeso, Lui, il Figlio di Dio, che non ha disdegnato di assumere la nostra natura umana. Eppure Simeone ed Anna, due persone illuminate dallo Spirito Santo, lo riconoscono come “luce delle genti”, Colui che hanno invocato con ardenti preghiere e suppliche lungo tutto il corso della loro vita. Godono la consolazione di Dio, che premia la loro fedeltà nella perseverante attesa.

Gli occhi della fede permettono di intravvedere ciò che è irriconoscibile con i soli occhi umani. Questi due anziani accolgono stupefatti i doni di Dio, che realizza sempre le sue promesse.

La fede non si limita a descrivere i fatti, ma li sa anche interpretare con la mente e il cuore di Dio. Con il dono della fede anche noi abbiamo ricevuto la luce per vedere ciò che altri non riescono a vedere, ossia la grazia di Dio all’opera.

Nella fede è dunque possibile riconoscere, come ci ricorda Papa Francesco, che “La vita consacrata, se resta salda nell’amore di Dio, vede la bellezza.

Vede che la povertà non è uno sforzo titanico, ma una libertà superiore, che ci regala Dio e gli altri come le vere ricchezze. Vede che la castità non è una sterilità austera, ma la via per amare senza possedere. Vede che l’obbedienza non è disciplina, ma la vittoria sulla nostra anarchia, sullo stile di Gesù”.

Il santo vecchio Simeone vedendo il piccolo e umile Gesù si riconosce lui stesso come servo del Signore: “Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace”. Servo è il titolo di maggiore benemerenza usato nella Scrittura. Servo è chi, volgendo lo sguardo su Gesù, “che è “venuto per servire e non per essere servito”, concepisce la propria vita come servizio, nel dono totale di sé.

Chi vive per servire sa reinventarsi continuamente, trova sempre nuovi spazi per mettersi a disposizione di tutti. Chi vive per servire diventa creativo, non tiene le distanze dagli altri, non reclama spazi e diritti, non si lascia mai invadere dalla tristezza e dalla sfiducia. Chi vive per servire accetta la comunità in cui è stato inviato, senza illudersi che altrove, in un luogo più favorevole alle sue attese, tutto sarebbe meglio per lui e più vantaggioso per tutti.

“I miei occhi han visto la tua salvezza”. Chi ha familiarità con lo Spirito Santo possiede uno sguardo di speranza, che è sguardo di compassione che incoraggia, libera e consola. E’ lo stesso sguardo di Gesù che si abbassa verso ognuno di noi.

Prendiamo anche noi, come il santo vegliardo Simeone, Gesù tra le braccia, lasciamoci teneramente amare, sperimentando in abbondanza la sua tenerezza. Solo chi sa di essere amato da Gesù riversa sui suoi fratelli e sorelle le sue cure, perché riconosce in ciascuno il volto stesso di Cristo.

L’incontro di Gesù sia per tutti noi sorgente di luce e di vita.

GIORNATA MONDIALE DEL MALATO: UN APPUNTAMENTO SPECIALE. IL ROSARIO PRESIEDUTO DAL VESCOVO L’11 FEBBRAIO IN DIRETTA TV E PIATTAFORME WEB

«La celebrazione della XXIX Giornata Mondiale del Malato, che ricorre l’11 febbraio 2021, memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes, è momento propizio per riservare una speciale attenzione alle persone malate e a coloro che le assistono, sia nei luoghi deputati alla cura sia in seno alle famiglie e alle comunità. Il pensiero va in particolare a quanti, in tutto il mondo, patiscono gli effetti della pandemia del coronavirus. A tutti, specialmente ai più poveri ed emarginati, esprimo la mia spirituale vicinanza, assicurando la sollecitudine e l’affetto della Chiesa». Con queste parole inizia il Messaggio di papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale del Malato. Il titolo scelto per l’appuntamento di quest’anno è “Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli (Mt 23,8). La relazione di fiducia alla base della cura dei malati”. Giovedì 11 febbraio il vescovo monsignor Oscar Cantoni, non potendo recarsi di persona all’interno degli ospedali per il tradizionale saluto ai malati e la celebrazione della Santa Messa, guiderà la preghiera del Rosario dalla Grotta collocata nel giardino dell’Ospedale Valduce di Como e che riproduce la Grotta di Massabielle, dove proprio l’11 febbraio, per la prima volta, l’Immacolata apparve alla piccola Bernardette. Lo schema della celebrazione, che sarà trasmessa in diretta, alle ore 15.30, su EspansioneTV (canale 19 del digitale terrestre) e sulle piattaforme web e social della stessa emittente e del nostro Settimanale (canale YouTube), riprenderà proprio lo stile della preghiera lourdiana. In particolare saranno presentate sull’altare le preghiere dei tanti fedeli che alla Madonna di Lourdes quotidianamente si affidano. Le intenzioni non saranno lette pubblicamente, ma chi lo desidera può far pervenire la propria attraverso l’indirizzo mail vicarioepiscopale.pastorale@diocesidicomo.it. Ciascuno può scriverla personalmente o affidarla a una persona amica che possa aiutarla nella spedizione via posta elettronica. «La malattia – è la sottolineatura del Papa – ha sempre un volto, e non uno solo: ha il volto di ogni malato e malata, anche di quelli che si sentono ignorati, esclusi, vittime di ingiustizie sociali che negano loro diritti essenziali (cfr Enc. Fratelli tutti, 22). L’attuale pandemia ha fatto emergere tante inadeguatezze dei sistemi sanitari e carenze nell’assistenza alle persone malate. Agli anziani, ai più deboli e vulnerabili non sempre è garantito l’accesso alle cure, e non sempre lo è in maniera equa. Questo dipende dalle scelte politiche, dal modo di amministrare le risorse e dall’impegno di coloro che rivestono ruoli di responsabilità. Investire risorse nella cura e nell’assistenza delle persone malate è una priorità legata al principio che la salute è un bene comune primario. Nello stesso tempo, la pandemia ha messo in risalto anche la dedizione e la generosità di operatori sanitari, volontari, lavoratori e lavoratrici, sacerdoti, religiosi e religiose, che con professionalità, abnegazione, senso di responsabilità e amore per il prossimo hanno aiutato, curato, confortato e servito tanti malati e i loro familiari. Una schiera silenziosa di uomini e donne che hanno scelto di guardare quei volti, facendosi carico delle ferite di pazienti che sentivano prossimi in virtù della comune appartenenza alla famiglia umana».