Pellicola sulla storia di alcuni giovani che nel 1928 continuarono ad incontrarsi in clandestinità

Aquile Randagie: il film sugli scout che si ribellarono al fascismo

Quella delle Aquile Randagie, il gruppo di giovani scout lombardi che nel 1928 non accettarono la soppressione dello scautismo decisa dal fascismo e continuarono a riunirsi in clandestinità, è una storia di coraggio e di paura, di fedeltà e di ribellione. Una storia che ora è un film, realizzato da Gianni Aureli, regista, videomaker e capo scout, che ha condiviso il sogno, nato nel 2013, con la moglie Gaia Moretti, sceneggiatrice, docente di Comunicazione interculturale alla Lumsa e capo scout, e molti altri che hanno dato il loro contributo anche attraverso due crowdfunding.

Per incontrarsi usavano messaggi in codice

Il film, prodotto dalla Finzioni Cinematografiche, dove lavorano Francesco Losavio e Massimo Bertocci, ex capo scout, viene proiettato in anteprima mondiale il 22 luglio al Giffoni Film Festival, racconta come un gruppo di scout di Milano e Monza, continuarono a fare attività utilizzando messaggi in codice e cifrati per non venir scoperti. Guidati da Andrea Ghetti, del gruppo Milano 11, che si farà chiamare “Baden”, e Giulio Cesare Uccellini, detto “Kelly”, capo del Milano 2, dal 1935 utilizzarono la Val Codera, valle secondaria della Valchiavenna, in provincia di Sondrio, ancora oggi raggiungibile solo a piedi, per le attività clandestine, i campi estivi, i fuochi serali.

Foto d'epoca con Kelly (il primo a sinistra) e alcune Aquile Randagie
Foto d’epoca con Kelly (il primo a sinistra) e alcune Aquile Randagie

La Val Codera, il loro paradiso segreto

In quel piccolo paradiso, oltre la piana di Bresciadega, dove sembrano lontanissimi gli orrori che si consumano a poche decine di chilometri, scoperto dall’aquila randagia Gaetano Fracassi, i giovani si sentono sicuri. Ma tornati in città, sono controllati dai fascisti. In una notte d’autunno Kelly viene pestato a sangue da una squadraccia. Per le ferite perde l’udito da un orecchio. Ma Kelly resta il leader del gruppo, circa 20-25 giovani che cambiano spesso, perché chi cresce poi deve partire per il fronte, insieme a Baden, che nel 1939 è ordinato  sacerdote dall’arcivescovo Schuster, nel Duomo di Milano, e diventa assistente spirituale della Aquile Randagie.

Montini li incoraggia, per conservare lo scautismo per il futuro

Lo stesso anno Baden incontra monsignor Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI, addetto alla Segreteria di Stato, che lo esorta a conservare il metodo e lo spirito, nella prospettiva di un futuro libero. Nella ricostruzione, gli scout già clandestini avrebbero contribuito al rinnovamento del mondo giovanile. Ma già dopo l’8 settembre 1943, insieme a don Giovanni Barbareschi e ad altri parroci milanesi, i capi delle Aquile Randagie danno vita all’Oscar (Opera scautistica cattolica aiuto ricercati) per portare in salvo perseguitati e ricercati di diversa nazione, razza, religione, con espatri in Svizzera attraverso i boschi e i monti che nessuno conosceva meglio di loro.

Foto dal film
Foto dal film “Aquile Randagie” (Matteo Bergamini)

Oscar salva 2166 persone portandole in Svizzera

Tremila i documenti falsi messi a disposizione di ebrei, ricercati e perseguitati politici, disertori. Più di duemila gli espatri clandestini attraverso la Val Codera: tra i salvati c’è anche Indro Montanelli. E c’è chi, purtroppo, in questa “resistenza disarmata”, perde la vita. Come Peppino Candiani, aquila randagia di 19 anni, ucciso al confine italo-svizzero durante un espatrio, Carlo Bianchi e Nino Verri, catturati e fucilati dai nazifascisti, Teresio Olivelli, Rolando Petrini e Franco Rovida, morti in diversi campi di concentramento. Don Giovanni Barbareschi, proclamato Giusto tra le nazioni e medaglia d’argento della Resistenza, scomparso nel 2018 a 96 anni, viene arrestato e Baden si salva da un ordine di cattura con indicazione di “sparare a vista”.

Salvano anche gli ex persecutori dalla giustizia sommaria

Il loro servizio si conclude proteggendo la vita, a guerra finita, ai persecutori di ieri, salvando dalla giustizia sommaria dei partigiani, per quegli stessi sentieri della Val Codera, gerarchi nazisti e fascisti che vengono consegnati alle autorità svizzere per avere un giusto processo. Il film “Aquile Randagie”, intessuto su storie vere e distribuito dall’Istituto Luce di Roma che, dopo l’uscita in Italia prevista il 30 settembre, lo vuole portare anche negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, comincia proprio con don Barbareschi, vestito di nero ma senza collarino ecclesiastico, che bussa alla porta di una baita sulle montagne della Valtellina e prende in consegna un ufficiale tedesco. I due si arrampicano da soli lungo un irto sentiero che li porterà dopo ore di cammino in Svizzera. L’ufficiale è il colonnello delle “Ss” Eugen Dollmann, capo dei servizi segreti nazisti in Italia, traduttore personale di Hitler e in seguito informatore degli alleati (a Lugano avrebbe organizzato la resa dei tedeschi). Un abile mediatore che, dopo il conflitto, diventerà agente segreto della Cia.

Lo stemma delle Aquile Randagie (Fondazione Baden)
Lo stemma delle Aquile Randagie (Fondazione Baden)

La prima scena: il prete partigiano e il colonnello nazista

Mentre prosegue la sua marcia verso il confine, però, l’ufficiale nazista ha ancora dei dubbi sul suo accompagnatore, ha paura che lo voglia tradire per consegnarlo ai partigiani che, teme, si sarebbero vendicati facendo giustizia sommaria. I due si fermano in una radura per bere un po’ d’acqua e il gerarca si accorge che il prete indossa una fibbia con l’immagine delle Aquile Randagie. Il sacerdote aderisce anche alle Brigate Fiamme Verdi dei partigiani democristiani e l’ufficiale tedesco lo sa… Don Giovanni cerca di tranquillizzare il suo compagno di viaggio ma la tensione si scioglie solo quando, alla vista di un cervo che attraversa la strada, i due si ammutoliscono e, finalmente, si guardano negli occhi. Non ci saranno vendette né colpi bassi. Giungeranno presto oltre la frontiera. E la loro amicizia non finirà qui.

Quelle promesse clandestine nella cripta di San Sepolcro

Alla vicenda di don Giovanni si intrecciano le storie quotidiane di un gruppo di esploratori e guide scout che diciassette anni prima a Milano, con base operativa nella cripta di San Sepolcro, vivono in segreto i loro valori e continuano a svolgere all’aria aperta le attività educative e ludiche del movimento di Baden-Powell che Mussolini nel 1928 aveva formalmente sciolto ritenendolo pericoloso per il regime. Non mancano emozioni, suspense e scene forti, come quelle legate alla strage dei partigiani avvenuta a piazzale Loreto il 10 agosto del 1944. Si vede don Barbareschi che benedice le salme, come fa poi, nello stesso luogo, anche con i corpi di Mussolini, della Petacci e degli altri fascisti fucilati a Dongo il 29 aprile del 1945. Protagonisti principali del film sono Alessandro Intini, nei panni di don Barbareschi, Teo Guarini, Kelly e Romeo Tofani, Baden. Ne parliamo con il regista, il 35 enne romano Gianni Aureli.

Ascolta l’intervista al regista Gianni Aureli

R. – “Aquile Randagie” è un film che vuole parlare ai giovani per raccontare loro che avere coraggio è possibile e non solo è possibile ma è anche bello. Avere ideali e credere in quegli ideali è possibile anche quando il resto del mondo fa di tutto per impedirti di avere un ideale, di crederci. Quindi speriamo che il coraggio che hanno dimostrato le aquile randagie in quegli anni sia di esempio e di sprone per le giovani generazioni di adesso.

Storie di coraggio, paura, fedeltà e ribellione ma anche tanta avventura che il film cerca di far rivivere…

R. – Una delle componenti fondamentali dello scoutismo è l’avventura. Le Aquile Randagie vivevano sempre con lo stile dell’avventura quello che facevano. Lo scoutismo è un grande gioco e tutto quello che facevano, a loro modo, era un grande gioco. Anche Kelly è sempre stato uno dei capi più istrionici, che sapeva vedere l’avventura anche in una pozzanghera, diceva Baden-Powell. Nel film cerchiamo di restituire questa dimensione sia dal punto di vista un po’ più spensierato, le prime volte in Val Codera, sia anche poi nella fase successiva, quando si arriva poi all’unione delle Aquile Randagie con “Oscar”, alla guerra… Si cerca sempre di mantenere quel sano spirito di avventura che anche nei momenti più bui e più tristi c’era.

 “Noi non spariamo, non uccidiamo, noi serviamo”: c’è in questa frase il senso della partecipazione delle Aquile randagie alla Resistenza attraverso l’organizzazione Oscar?

R. – E’ una sintesi perfetta. Le Aquile Randagie e Oscar sono due cose separate. Alcune delle Aquile Randagie, soprattutto i capi – i ragazzi non furono coinvolti perché “Oscar” era una situazione pericolosa – alcuni dei capi delle Aquile Randagie facevano parte di “Oscar”, portavano i prigionieri in Svizzera… Però servivano, accompagnavano, erano degli angeli custodi, non sparavano. Uno dei primi salvataggi che fece “Oscar”, che fu fatto da Kelly, fu quello di un bambino, Gabriele, che era in un ospedale. Per Kelly era la prima volta, aveva una pistola che poi si era scordato nella macchina che li aspettava di sotto e da lì poi non hanno mai usato le armi. Era un tipo di resistenza non armata che però faceva la sua parte e la faceva anche bene.

Foto d'epoca delle Aquile Randagie (Fondazione Baden)
Foto d’epoca delle Aquile Randagie (Fondazione Baden)

Aiutare gli altri in ogni circostanza: loro lo fanno anche salvando la vita dei gerarchi fascisti…

R. – C’è una frase di don Giovanni che dice: “E’ giunto il momento che la carità cambi di campo” nel senso che loro poi si prodigarono per riconoscere il fatto che anche se le persone prima erano stati aguzzini erano comunque esseri umani, quindi riservare loro un trattamento paritetico a quello che i fascisti o i nazisti avevano avuto nei confronti degli altri avrebbe proprio svilito la dignità della vita umana. Quindi, assolutamente senza far scappare nessuno, cercarono di salvare le vite da una giustizia sommaria consegnandole poi oltralpe agli alleati o comunque a tribunali militari perché venissero giudicati per quello che avevano fatto.

Questo film è un sogno che si realizza grazie anche all’aiuto di tanti. Quindi si può fare cinema senza grandi capitali di partenza?

R. – Ce l’abbiamo fatta con l’aiuto di moltissime persone, di moltissimi enti: il ministero dei Beni culturali, l’Istituto Luce, l’Agesci, il Masci… Abbiamo fatto due crowdfunding, abbiamo avuto supporto anche dal Mibact e dalla Lombardia film commission. Secondo me sì, si può fare, a patto che si abbia una storia che valga la pena di raccontare e soprattutto che qualcuno voglia ascoltare, perché poi quello fa la differenza e poi avendo un’infinita pazienza e aspettandosi di avere in faccia, su 10 porte a cui si bussa, nove e mezza! Quindi sì, ma con molta fatica, però poi è anche più bello, devo dire la verità!

Come è nato il coinvolgimento del cantautore Stefano “Cisco” Bellotti per la canzone sui titoli di coda?

R. – Cisco è stato coinvolto dal nostro sceneggiatore e produttore Massimo Bertocci. Ci siamo presentati a gennaio col film montato, lui l’ha visto, gli è piaciuto e ci ha mandato il pezzo. E’ stato disponibile anche ad apparire come attore nel videoclip, ed è nata anche un’amicizia. E’ bello perché in tanti gruppi scout si cantano spesso parecchie canzoni dei vecchi Modena City Rambles, dove c’era anche lui, e qualcuna scritta proprio da lui. Quindi per Cisco il mondo scout è uno come gli altri, forse ora sarà un po’ diverso, per il mondo scout invece Cisco è uno di quelli sempre presenti nei canzonieri. Quindi quando ci ha detto di sì abbiamo pensato che era stata cosa ben fatta.

Kelly, che giocava davanti al pericolo

Teo-Kelly: con coraggio hanno raggiunto i loro obiettivi

Incontriamo anche anche l’attore romano Teo Guarini, Kelly nel film, che descrive il suo personaggio come “una personalità particolare, eccentrica, sopra le righe, faceva ironia su tutto, in qualsiasi momento, anche nelle situazioni più pericolose, più gravi, riusciva a scherzarci sopra. Era, da questo punto di vista, ammirevole. Gli scout delle Aquile Randagie sono stati coraggiosi a livelli estremi. Sono stati davvero un esempio, per il tipo di ambiente che vivevano, per il tipo di situazione, per la pericolosità che c’era, sono riusciti comunque a portare avanti i loro obiettivi”.

Elena, fidanzata coraggiosa dell’aquila randagia

Anna-Elena: ai giovani dicono “se ci credete, non arrendetevi”

Dopo di lui, infine, incontriamo Anna Malvaso, giovane attrice romana che interpreta Elena, l’unica ragazza protagonista della storia, fidanzata dell’aquila randagia Gaetano Fracassi, che poi diventa una porta-ordini partigiana. “Il suo primo obiettivo  – ci dice – è aiutare gli altri, e lo fa per ricordare il suo fidanzato, che è partito per la guerra, e si erano promessi questo, ma soprattutto perché la prima regola delle aquile randagie è aiutare qualsiasi persona, in ogni circostanza. Quei giovani credevano fortemente in quello che dicevano e che facevano. Quindi il messaggio ai giovani di oggi è proprio quello: non arrendetevi mai, se credete veramente in una cosa”.