Internet e comunicazioni sociali

Safer Internet Day 2019: essere umani vuol dire anche essere digitali

Il titolo della giornata di quest’anno (Together for a better internet) esplicita al meglio il ruolo attivo e responsabile di ciascuno, nel rendere i territori digitali luoghi positivi e sicuri. Anche la Chiesa cattolica, nelle sue diverse espressioni, ormai da tempo, si interroga su questa esigenza “migliorativa”. E lo fa non cedendo a facili moralismi o a rifiuti deresponsabilizzanti, ma mettendosi in gioco e assumendo un ruolo da protagonista. Anzitutto attraverso il Magistero ecclesiale che non manca, ormai da diversi anni, di porre l’accento sulla realtà digitale. Ne sono dimostrazione, ad esempio, l’enciclica Laudato si’, nella quale Papa Francesco ci mette in guardia da quello che definisce “un dannoso isolamento” dovuto a uno distorto delle tecnologie. O il recente Sinodo, il cui documento finale evidenzia come web e social network siano occasioni “per raggiungere e coinvolgere i giovani, anche in iniziative e attività pastorali”. Ma è l’ultimo Messaggio per la 53ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali a compiere un ulteriore passo in avanti.

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“Le ricerche suggeriscono che l’acquisizione di maggiori competenze digitali da parte dei ragazzi non è una condizione di per sé sufficiente a eliminare completamente i rischi online. Ci sono livelli della questione che pertengono agli operatori del web, attraverso il design delle piattaforme, e ai regolatori dei sistemi mediali, in prospettiva sia nazionale che sovrannazionale. E ci sono altri livelli in cui la responsabilità è condivisa tra tutti gli utenti, perché riguarda la capacità di ciascuno di abitare la rete secondo forme e stili compatibili con l’apertura di spazi di reale convivenza online”. Lo spiega Piermarco Aroldi, professore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università Cattolica e direttore di OssCom – Centro di ricerca sui media e la comunicazione, in occasione del Safer Internet Day 2019.

“Nuova alleanza tra scuola e famiglia” è il tema scelto per l’Italia. Un progetto ambizioso per due soggetti che spesso faticano a parlare tra loro?
È certamente un progetto ambizioso e, nello stesso tempo, un progetto parziale rispetto alle risposte da dare ai problemi della sicurezza online. È ambizioso perché rilancia l’idea di una comunità educante adulta capace di trovare un linguaggio comune, valori condivisi e sintonia d’azione nel reciproco rispetto dei ruoli e dei compiti di ciascuno. In questo senso, oltre che ambizioso è doveroso perché rappresenta una condizione preliminare affinché i ragazzi possano trovare intorno a loro adulti di riferimento credibili.

Per la sicurezza online questa alleanza sarebbe certamente una meta importante, a patto che scuola e famiglia condividano un comune sentire nei confronti delle nuove tecnologie come opportunità prima ancora che come rischio;

un’alleanza su queste basi potrebbe essere un elemento di rafforzamento delle competenze digitali dei bambini e dei ragazzi, cosa che certamente potrebbe tradursi in una maggiore sicurezza della loro esperienza online.

Furto di identità, sexting, cyberbullismo, grooming sono soltanto alcuni dei rischi che la rete riserva ai giovani (e non solo). Chi può suggerire i comportamenti adatti per essere sicuri online? Anche i genitori spesso si trovano nelle stesse condizioni dei ragazzi?
Spesso i genitori non hanno competenze, tempo, o interesse per affiancare i ragazzi e suggerire comportamenti online più sicuri; ciononostante, a loro spetta certamente un primo compito di alfabetizzazione digitale anche in materia di sicurezza, se non altro perché tale alfabetizzazione comincia sempre più precocemente, da quando proprio i genitori danno in mano a figli di pochi anni o addirittura pochi mesi i loro smartphone; in secondo luogo è compito della scuola, che però non sembra aver ancora trovato le modalità di una integrazione strutturale di tali competenze né all’interno dei curricula né in riferimento alle pratiche d’uso dei device digitali in classe. Ma probabilmente, come diverse ricerche suggeriscono, sono soprattutto i pari, cioè il gruppo dei coetanei, a costituire una risorsa preziosa anche se spesso poco sfruttata.

Mi permetto di sottolineare, poi, l’importanza degli educatori dei contesti informali (doposcuola, oratori, CAG etc.), che sono spesso più vicini per età e per familiarità con le culture digitali di quanto non possano essere insegnanti e genitori, e che più facilmente possono guadagnare la fiducia degli adolescenti anche su questo terreno.

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In allegato l’articolo dedicato da Il Settimanale all’approfondimento di una piattaforma sviluppa a Milano per contrastare il cyberbullismo anche in oratorio.